Novembre 2013
Al
balcone del quarto piano, scala A, secondo appartamento, si affaccia spesso un giovane
uomo: un paio di occhiali dalla montatura spessa si appoggiano su un naso
importante che ricorda vagamente un becco e schermano due occhi neri e profondi
che scrutano con attenzione la strada sottostante. Tra le mani brandisce, quasi
fosse un’arma, una macchina fotografica con cui immortala ciò che accade
nel suo mondo. Di foto ne scatta a centinaia e sotto i colpi dei suoi clic
rimangono a terra passerotti e passanti, amici e ricordi.
Se
guardi con attenzione verso la sua finestra, quando il sole non si specchia in
essa abbagliandoti, potresti intravedere la sua stanza: le pareti sono
ricoperte di fotografie. Ce ne sono talmente tante che della vecchia carta da
parati ingiallita, che probabilmente era già lì prima della sua nascita, non si
può scorgere neppure un angolo scrostato. Mi chiedo se siano state appese come tanti
tasselli di un mosaico, per costruire un’immagine più complessa, oppure se
guardandole ti perderesti in un vortice senza ordine dove spazio e tempo si
contorcono, apparentemente prive di alcun senso.
Non
si sa cosa faccia il Fotografo nella sua vita, ma si sa che lo fa con la sua macchina fotografica tra le mani. Sembra determinato a catturare il mondo, a racchiuderlo in
un rullino, o, per essere precisi, in centinaia di essi. È un’ossessione. Ha
mai guardato il mondo senza la mediazione di quell’obiettivo?
Una
delle foto appese sopra il suo letto rappresenta via Manci. È una delle sue
prime fotografie: la scattò con l’aiuto di suo padre poco più che bambino, agli
inizi degli anni ’80. Proprio lì, al centro della via, al numero 14, c’era una
piccola drogheria che profumava di menta piperita e chiodi di garofano e che
vendeva le caramelle a tutti i bambini del circondario. Tutti i bambini, dopo
la scuola, vi si precipitavano e il proprietario, un uomo dal forte accento
tedesco e i grandi baffi bianchi, li serviva uno a uno con la pazienza di un
monaco buddista.
In
quel negozio il Fotografo ci aveva speso tutte le paghette mensili per almeno
un anno, ma poi il droghiere si era ammalato e la drogheria era stata chiusa.
La fotografia, però, era stata scattata prima di quel funesto avvenimento.
Oggi
il Fotografo ha circa trentacinque anni e inizia a stempiarsi ma ogni lunedì
passa ancora per via Manci per andare a comprare le sue caramelle: entra
regolarmente al numero 14, che ora profuma di carta stampata e inchiostro e che
vende libri, per ordinare al bancone un etto di liquirizie, di quelle gommose.
Il commesso lo guarda sempre con sguardo stranito domandandosi se sarebbe il
caso di chiamare la Croce Verde e più di una volta ha tentato di spiegargli che
la drogheria è chiusa almeno da dieci anni prima e che non può vendergli
nessuna caramella, al massimo un ricettario per imparare a fare dei dolcetti.
Tuttavia il Fotografo sembra non voler sentire ragioni: ogni lunedì esce da
quel negozio borbottando improperi contro il droghiere dai baffi bianchi e il
marcato accento tedesco che non ha voluto vendergli le liquirizie, quelle
gommose.
Un’altra
delle fotografie, di fianco alla libreria, ha catturato l’immagine di suo
fratello minore che, scolaretto delle elementari, viene strigliato dal padre che
brandisce minacciosamente quella che sembra una pagella. Si può intuire che sia un colabrodo: il fratellino, infatti, era un monello che
piuttosto che fare i compiti avrebbe attraversato un mare di carboni ardenti.
Preferiva passare il suo tempo a pianificare strategie per la conquista del mondo
coadiuvato dai suoi soldatini di plastica verde scuro.
Oggi
il fratellino ha 30 anni e si è laureato in ingegneria con 110 e lode, ma agli
occhi del Fotografo la realtà non è cambiata e il fratellino è il solito
monello fannullone. Una volta al mese, quando si riuniscono tutti per una cena
di famiglia, regolarmente il Fotografo gli chiede se ha fatto i compiti e
minaccia di non lasciarlo giocare con i soldatini. Inoltre lo prende in giro per
le sue pagelle disastrose e lo zittisce spesso perché “è troppo asino per dire
qualcosa che valga la pena di ascoltare”. Nonostante sia stato presente alla
laurea, nonostante la madre abbia provato a spiegarglielo più volte che il
fratellino aveva messo da tempo da parte i soldatini per dedicarsi allo studio, il Fotografo non vuole sentir ragioni: regolarmente esce
dalla casa dei genitori ghignante, ridendo della presunta ignoranza del
fratellino che non studia per giocare con i soldatini.
Una
terza foto, appesa a lato dello specchio, ritrae una ragazza giovane e dalle
lunghe trecce rosse che ride divertita. L'aveva vista tutte le estati in campagna da quando
erano piccoli e da sempre non riuscivano a rivolgersi la parola senza iniziare a beccarsi.
Sembrava non esistesse un solo argomento sulla faccia della terra su cui i due
potessero trovarsi d’accordo: ogni occasione era una buona per litigare e
rispondersi per le rime.
Alcuni
anni dopo, quando ormai l’adolescenza sfioriva ed era il momento di chiarire
idee e sentimenti, la ragazza era andata da lui con le guance arrossate e gli
occhi bassi e gli aveva confessato di sentirsi attratta da lui, ma il Fotografo
sembrava incapace di comprendere la cosa. Le rispose con la sua solita ostinazione, rifiutandosi di prendere in considerazione il fatto che quella
ragazza con le lunghe trecce rosse e le lentiggini che sbocciavano su un viso ridente potesse provare qualcosa per lui dal
momento che avevano passato tutte le estati a litigare e lei, per lui, era
solamente la ragazza a cui rispondere per le rime. Se ne andò dopo
un’immancabile litigata, sospirando sull’antipatia di quella ragazza che le
trecce le aveva tagliate da tempo e che ora non rideva più.
Cosa
succede al nostro Fotografo? Che cosa vede attraverso la sua lente? Perché
sembra non stare al passo con il mondo?
Si
è fossilizzato, cristallizzato come gli attimi sulle sue pellicole: il mondo
cambia, ma tutto ciò che lui vede sono le sue fotografie che hanno reso
immortali e immutabili dei dettagli che ora costituiscono il suo mondo. Il suo
è il mondo delle foto, il mondo del per sempre uguale. Per lui la drogheria
starà sempre al numero 14 di via Manci, con il droghiere dai baffi bianchi e il
forte accento tedesco dietro al bancone; il fratellino sarà sempre un
fannullone che preferisce i soldatini e le loro strategie ai libri di scuola;
la ragazza porterà sempre le lunghe trecce rosse e riderà ancora dopo aver litigato con lui
sul più insulso degli argomenti. Tutto immobile.
Il
Fotografo che si affaccia spesso al balcone del quarto piano è solo, ma è
sicuro del suo piccolo mondo di fotografie che rimarrà per sempre immutato. Non
si accorge che il ‘per sempre’ è uno specchietto per allodole che, pur di
ottenere la sicurezza dell’immutabilità, si stringono esse stesse le catene
intorno alle zampe.
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