Lettera
di un’adolescente sull’adolescenza
06.10.2012
Cara Mamma,
perché
non provi ad ascoltarmi davvero? Non solo con le orecchie ma anche con la
mente, con il cuore. So che è uno sforzo, ma perché non provi ad essere me per
un momento? Ho 18 anni e trovo difficile vivere la spensieratezza della mia
età: ho la testa piena di sogni ma li trovo imbrigliati nelle mani d’altri; non
mi conosco ancora e già mi si chiede di essere qualcosa di diverso da me
stessa.
Mi
sento ricca e povera allo stesso tempo: ricca perché la mia famiglia mi ama,
sono sana ed intelligente e nessuno mi ha mai detto che non posso essere ciò
che voglio, ma
povera
proprio perché non so cosa voglio, perché non mi sento parte di qualcosa e
tuttavia ho un disperato bisogno di appartenere a qualcosa, perché mi sento
un’estranea ovunque, anche nel mio stesso corpo.
Io
voglio diventare qualcuno e conoscere questo qualcuno: sto cercando di
costruirmi un’identità contro cui non sia costretta a lottare ogni giorno della
mia vita, che non debba disprezzare e per cui io non debba maledirmi ogni
giorno, ogni ora.
La
mia intelligenza e la mia educazione sono sempre stati un grande ed apprezzato
dono, ma costituiscono anche il mio fardello perché mi hanno resa critica sia
nei confronti degli altri che di me stessa. Ed io so che mi odierei e mi
disprezzerei se avessi coscienza del fatto di essere diventata una persona che
confonde il giusto con l’utile, la verità con l’ipocrisia, la determinazione
con la mancanza di scrupoli.
Non
è una questione di principio: sono consapevole che per
l’uomo la verità, la giustizia e la
libertà sono concetti relativi, senza alcun valore assoluto. Ciò che per te è
vero, certo e sicuro come Dio per me è solo un’illusione, un bel sogno
consolatorio, quello che per il cacciatore è giusto e necessario per la preda è
la più grande delle ingiustizie e la libertà assoluta non può esistere perché
se non è la società che ci incatena lo faranno le leggi naturali e quelle
fisiche.
Non
mi faccio illusioni, eppure non ho intenzione di cedere su questo punto: non
rischierò di diventare una persona disprezzabile solo per fare “carriera”, che
si parli di scuola, lavoro o semplicemente vita. Non è un prezzo che sono
disposta a pagare.
Il discorso machiavellico di fare il mio utile in questo mondo di squali, di
sottostare al gioco diseducativo ed oserei persino dire “corrotto” dei miei
insegnanti pur di raggiungere il mio scopo, è assolutamente razionale, te lo
concedo. Ma tu non tieni conto di chi sia io, o per meglio dire, di chi non sia
io: non sono un’identità completa, radicata, finita, solida che può permettersi
di indossare una maschera ed uscirne illesa. Chi mi assicura che, una volta
finito il giochetto e raggiunto lo scopo, io riesca a ritrovare i confini del
mio io e a togliermi la maschera? E se non ci riuscissi? E se i contorni del
mio io, così labili e nebulosi, si sfumassero e mischiassero con quelli della
maschera? E se diventassi una persona disprezzabile? Sarei io poi a doverci
convivere. Sarei io la prima ad odiarmi.
C’è
sempre una scelta tra moralità ed utile, ci deve essere. Lo afferma anche Kant.
Ma devi essere pronto ad accettare le conseguenze delle tue scelte, qualunque
esse siano.
Io sono pronta: sono pronta ad accettare le conseguenze di cercare il mio io a discapito di un’ambizione, sono disposta a prendere la strada più ardua e forse a dovervi persino rinunciare. Ma non sono disposta ad odiare me stessa.
Io sono pronta: sono pronta ad accettare le conseguenze di cercare il mio io a discapito di un’ambizione, sono disposta a prendere la strada più ardua e forse a dovervi persino rinunciare. Ma non sono disposta ad odiare me stessa.
Ti
voglio bene,
la tua bambina idealista
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